
Mi chiamo Marco Mocellin, sono di origine veneta e con mia moglie e le nostre due figlie abitiamo in una bella casa di sasso nascosta sulle colline che si distendono tra Firenze, Fiesole e la valle del Mugello.
Quando mi sono trasferito qui nel 2003, sentivo che questo luogo era speciale, ma non riuscivo a coglierne l’essenza. Esploravo la città, percorrevo le colline, leggevo guide turistiche, ma le risposte che cercavo non erano lì. Poi ho scoperto un concetto antico, usato già dagli Etruschi e dai Romani per descrivere l’anima dei luoghi: Genius Loci.
Ogni luogo ha uno spirito unico, fatto di pietre, alberi, luce, sapori, storie e miti. Non è un caso se la Primavera di Botticelli è nata a Firenze. Qui tutto parla la stessa lingua: i canti tradizionali, i fiori delle colline, un piatto di cacio e baccelli.
Il mio lavoro è far emergere queste connessioni, intrecciando arte, filosofia, psicologia e paesaggio per restituire alla storia dell’arte il suo significato più profondo: aiutarci a capire chi siamo.

I giardini, come l’arte, non sono solo spazi fisici, ma territori simbolici in cui mito e natura si incontrano.
Per me gli dèi e i miti non appartengono solo al passato: sono chiavi per leggere il presente.
Camminando tra opere d’arte, giardini e paesaggi, esploro il Genius Loci, cercando di trasmetterne il significato a chi ha curiosità e pazienza per ascoltarlo.

Sono laureato in Storia dell’Arte, lavoro come guida turistica autorizzata indipendente in tutta la Toscana e sono lecturer di Storia dell’Arte al British Institute of Florence e al Florence Institute of Design.
Nessun merito io conosco in me, che potesse in veruna parte farmi degno di questo premio, se non si volesse chiamare merito l’amore immenso e indicibile ch’ io porto a questa cara e benedetta Toscana, patria d’ogni eleganza e d’ ogni bel costume e sede eterna di civiltà, la quale ardentemente desidero che mi sia conceduto di chiamare mia seconda patria e dove piaccia al cielo che mi sia lecito di consumare il resto della mia vita e di rendere l’ultimo respiro.
Giacomo Leopardi
